L’abbiamo chiesto agli Enologi (Brutti)

Abbiamo avuto il piacere di fare un’intervista specifica ai ragazzi del progetto Enologi Brutti. Si tratta di una community che si è sviluppata molto velocemente, merito dell’ironia con la quale raccontano la vita e lo studio di tutti gli enologi (o enologi wanna-be), ma soprattutto merito anche della loro preparazione su tutto ciò che riguarda l’arte del vino.

Nell’intervista qua sotto riportata abbiamo parlato di due grandi macro-temi: da una parte il ruolo della tecnologia nella produzione del vino, dall’altra l’importanza del monitoraggio nella fase di invecchiamento del vino.

winemaker enologo

In un settore in cui la tradizione ha forte ruolo nella scelte delle “best pratice” per produrre il vino, che ruolo possono avere le nuove tecnologie IoT (monitoraggio, tracciabilità) e un approccio data-driven alle scelte di produzione?

Il mondo si innova continuamente, che piaccia o meno. La tecnologia ha un ruolo viscerale nel lavoro e nella vita dell’uomo ormai e anziché vederne i lati negativi ed attaccarsi a vecchie ed antiquate usanze, è per noi necessario implementare tecnologie IoT e approcci data-driven (ad esempio). 

Inutile mantenere fasi del processo ormai superate, quando queste cannibalizzano i margini e la qualità inutilmente. Con sistemi innovativi ed assistiti da banche dati, è molto più immediato intervenire, monitorare e salvaguardare i propri prodotti, con meno spesa e più immediatezza nell’individuazione dei sintomi.

Il settore vitivinicolo ha adottato o sta adottando nuove tecnologie per tracciare la filiera dal campo alla bottiglia? Sullo stesso tema, qual è lo stato dell’arte in cantina?

Sì, ci sono dei software di gestione di tracciamento della filiera dal campo alla bottiglia. Penso che la digitalizzazione avrà notevole incremento nei prossimi anni; per questo sarà importante formare enologi con dimestichezza nell’ambito. Lo stato d’arte della cantina si può ricondurre all’obiettivo ultimo, che sia a discrezione del responsabile di produzione o a chi di dovere.

Personalmente, uso un programma di gestione che si chiama Process2towine che gestisce ogni singola cosa; dal QR Code della bottiglia posso risalire al primo trattamento che ha subito quel vigneto da dove viene l’uva in primavera.

Ad oggi, è digitalizzato l’accesso/gestione dei dati dei prodotti lungo la filiera? Ritenete necessarie delle piattaforme dedicate e aggiornate per una gestione e visione integrata dei dati raccolti?

Dopo l’avvento del registro elettronico e la sua compilazione entro data specifica, è sicuramente cambiata la politica di gestione dei dati. Se si parla della mera gestione dei dati a partire dalla produzione, penso sia una normale conseguenza dell’evoluzione della tecnologia. Come avviene negli altri settori, avverrà anche in viticoltura ed enologia. Io sono certamente a favore del progresso e dell’innovazione da integrare alla tradizione, ma sicuramente ci sarà chi metterà in atto delle scelte conservative finché il mercato non lo “costringerà” ad evolversi ed adeguarsi.

Dai vostri studi ed esperienze lavorative, nelle fasi di invecchiamento e affinamento il controllo dell’ambiente ha un impatto positivo e tangibile sulla qualità del vino? Come si può valutare questo impatto? Si può parlare di condizioni “ottimali” dell’ambiente in cui si invecchia e affina?

Questa domanda è tutt’altro che banale da rispondere: è chiaro che l’ambiente influisca sull’evoluzione, ma non è l’ambiente che la decida. Nella produzione del vino ci sono troppi fattori in gioco che possono modificare il prodotto finale. L’ambiente sicuramente fa la sua parte, essendo di fondamentale importanza sulla qualità finale. Le condizioni ottimali dipendono dall’obiettivo enologico del vino. Per esempio: se devo affinare un metodo classico, diventa importante avere sotto controllo temperatura ed umidità. Se, invece, in affinamento si trova un Pinot Grigio con il tappo a vite, le cose cambiano di molto. Spero che il concetto sia chiaro, ma in poche parole dipende da ciò che si vuole ottenere, ovviamente. A prescindere da ciò, temperatura ed umidità dell’ambiente hanno la loro influenza, ma anche la luce gioca il suo ruolo, sia sul legno che, di conseguenza, sul vino.

Come nel whisky si parla di “angel’s share”, anche per l’invecchiamento del vino in legno si può parlare di evaporazione. Come viene vista l’evaporazione di prodotto in legno durante l’invecchiamento e affinamento dai produttori? Viene considerato un problema? Qual è il legame con le condizioni ambientali del locale?

L’evaporazione del vino in affinamento è vista come i costi per un imprenditore: fa male vedere i soldi che vengono consumati, ma ciò significa che il lavoro sta (spesso) funzionando. Ciò, per il vino, corrisponde ad un sintomo di traspirazione del legno, che permette la microssigenazione che noi chiaramente desideriamo per ammorbidire i tannini dei rossi ad esempio. L’evaporazione è quindi un fenomeno indesiderato, ma necessario alla tanto voluta microssigenazione.

Come i costi, però, anche l’evaporazione vuole essere la minima e ottimale per far si che la micro ossigenazione sia ottimale a sua volta: nessuno si sognerebbe di spendere il triplo per arrivare allo stesso risultato (o peggiore).

È quindi fondamentale monitorare i vari fattori che incidono sui processi menzionati, quali temperatura e umidità: più temperatura e minor umidità comportano chiaramente un aumento esponenziale delle perdite indesiderate e soprattutto non necessarie del prodotto.

Parlando di evaporazione qual è il ruolo delle colmature? Quali gli impatti negativi di invecchiare e affinare in una botte scolma? Esistono delle best practice per la gestione delle colmature?

Le colmature sono una pratica enologica atta ad evitare una gestione sbagliata/non controllata dell’invecchiamento-affinamento del prodotto. Una botte scolma può portare ad una proliferazione di microflora e attività microbiologiche assolutamente non controllabili e al di fuori degli obiettivi enologici intesi dall’enologo (eccetto per alcune tipologie di prodotti). Con ciò ci riferiamo a: ridotta sanità ed igiene, ridotta aspettativa di vita del prodotto, minor qualità assoluta e perdita dei caratteri positivi del vino (colore, sentori, aromi e resa finale). Le colmature andrebbero gestite secondo una buona cadenza, data dalle condizioni singole di cantina (temperatura, umidità e variazione nel tempo delle stesse). In generale, l’ideale sarebbe trovarsi sempre con un vino che si trova con la minor superficie possibile a contatto con l’aria.

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